Retribuzioni tracciabili chiarimenti. procedure di contestazione della violazione di cui all’art. 1, commi 910 – 913, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205 – richiesta di parere

INL Parere 22 maggio 2018, n. 4538 Retribuzioni tracciabili chiarimenti

INL_DCVIG.REGISTRO UFFICIALE.USCITA.0004538.22-05-2018

OGGETTO: procedure di contestazione della violazione di cui all’art. 1, commi 910 – 913, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205 – richiesta di parere.

In relazione all’oggetto, d’intesa con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si rappresenta quanto segue.

L’art. 1, comma 910 della L. n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) ha stabilito che a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti debbano corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso gli strumenti di pagamento individuati dalla stessa norma, non essendo più consentito, da tale data, effettuare pagamenti in contanti della retribuzione e di suoi acconti, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro.

Ai sensi del successivo comma 912, tale obbligo ai applica ai rapporti di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa ed infine ai contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.

Restano espressamente esclusi dal predetto obbligo i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 165/2001, nonché i rapporti di lavoro domestico.

Devono altresì ritenersi esclusi, in quanto non richiamati espressamente dal comma 912, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale.

Le modalità elencate attraverso le quali effettuare la corresponsione della retribuzione sono costituite dai seguenti strumenti:

– bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;

– strumenti di pagamento elettronico;

– pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

– emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

In considerazione del tenore letterale e della ratio della norma si deve ritenere che la violazione in oggetto risulti integrata:

  1. a) quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;
  2. b) nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato, ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore venga successivamente revocato ovvero l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso; circostanze che evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro che mina la stessa ratio della disposizione.

Del resto, la finalità antielusiva della norma risulta avvalorata anche dalla previsione dell’ultimo periodo del comma 912 a mente del quale la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

Ne consegue che, ai fini della contestazione si ritiene sia necessario verificare non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti ex lege ma che lo stesso sia andato a buon fine.

Ciò premesso, con riferimento alla contestazione dell’illecito al trasgressore, trovano applicazione, le disposizioni di cui alla L. n. 689/1981 e al D.Lgs. n. 124/2004 ad eccezione del potere di diffida di cui al comma 2 dell’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 trattandosi di illecito non materialmente sanabile. Ne consegue che la sanzione sarà determinata nella misura ridotta di cui all’art. 16 della L. n. 689/1981 e, in caso di mancato versamento delle somme sul cod. tributo 741T, l’autorità competente a ricevere il rapporto, ai sensi dell’art. 17 della L. n. 689/1981, è da individuare nell’Ispettorato territoriale del lavoro.

Va, infine, ricordato che avverso il verbale di contestazione e notificazione adottato dagli organi di vigilanza di cui all’art. 13, comma 7, del D.Lgs. n. 124/2004 è possibile presentare ricorso amministrativo al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 124/2004 entro trenta giorni dalla sua notifica. Entro il medesimo termine è altresì possibile presentare scritti difensivi all’Autorità che riceve il rapporto ai sensi dell’art. 18 della L. n. 689/1981.

In proposito, si rinvia alla circolare n. 4 del 29 dicembre 2016 nel cui contesto sono state riportate le avvertenze da inserire in calce ai verbali di accertamento adottati dal personale di codesti Comandi.

Direzione centrale vigilanza, affari legali e contenzioso Ufficio 4 – Legale e Contenzioso

Piazza della Repubblica, 59 00185 ROMA Tel. 06/4683.7273

PEC: dcvigilanza@pec.ispettorato.gov.it; email: dcvigilanza@ispettorato.gov.it; www.ispettorato.gov.it

LEGGE 27 dicembre 2017, n. 205 Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020. (17G00222) (GU n.302 del 29-12-2017 – Suppl. Ordinario n. 62) note: Entrata in vigore del provvedimento: 01/01/2018, ad eccezione dei commi 756, 808, 816, 897, 898, 899, 900, 901, 902, 903, 1127 e 1168 dell’art. 1 e dei commi 16, 36 e 37 dell’art. 18 che entrano in vigore il 29/12/2017

LETTERA CIRCOLARE DEL 29 DICEMBRE 2016 Oggetto: D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149 – art. 11 – modifiche agli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124 – trattazione dei ricorsi amministrativi – istruzioni operative.

Il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149, recante l’istituzione e la disciplina dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ha modificato alcune disposizioni del D.Lgs. n. 124/2004 tra cui, in particolare, gli articoli 16 e 17 concernenti la trattazione dei ricorsi amministrativi avverso le ordinanze ingiunzione e gli atti di accertamento emessi in materia lavoristica e previdenziale.

Le nuove disposizioni avranno efficacia dalla data di piena operatività dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (di seguito INL), individuata nel 1° gennaio 2017 da apposito decreto interministeriale.

In vista di tale scadenza, appare opportuno analizzare il contenuto delle modifiche apportate e fornire le istruzioni operative, condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, necessarie per la corretta trattazione dei ricorsi e per la gestione delle eventuali giacenze.

Ricorsi ex art. 16 D.Lgs. n. 124/2004

L’art. 16, come modificato dall’art. 11, comma 1, lett. d) del D.Lgs. n. 149/2015, prevede che “al fine di garantire l’uniforme applicazione delle disposizioni in materia di lavoro, legislazione sociale, nonché in materia contributiva e assicurativa, nei confronti dei relativi atti di accertamento adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di cui all’articolo 13, comma 7, è ammesso ricorso davanti al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, entro trenta giorni dalla notifica degli stessi. Il ricorso va inoltrato alla sede territoriale competente dell’Ispettorato del lavoro ed è deciso, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente tempestivamente trasmessa dall’organo accertatore. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto”.

I ricorsi in esame, pertanto, non avranno più ad oggetto le ordinanze ingiunzioni, emesse ai sensi dell’art. 18 della L. n. 689/1981, bensì unicamente gli “atti di accertamento adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria” di cui all’art. 13, comma 7, del D.Lgs. n. 124/2004.

Trattasi degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (ad es. Guardia di finanza e Polizia di Stato) che, ai sensi dell’art. 13 della L. n. 689/1981, procedono all’accertamento delle “violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro” e che evidentemente non si identificano con gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che operano all’interno dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

L’art. 13 del D.Lgs. n 124/2004 ha infatti inteso riferirsi separatamente al personale ispettivo del Ministero del lavoro (comma 2), al personale degli Istituti previdenziali (comma 6) e ad ogni altro organo ispettivo in possesso della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria (comma 7). Pertanto, il riferimento agli atti di accertamento adottati “dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di cui all’articolo 13, comma 7” – avverso i quali è dunque possibile adire il direttore della sede territoriale dell’Ispettorato – è evidentemente agli atti del personale ispettivo diverso da quello dell’Ispettorato, atteso peraltro che rispetto agli atti adottati da questi ultimi va utilizzato il diverso ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro (v. infra).

Il ricorso va proposto nel termine di trenta giorni dalla notifica dell’atto e va deciso nel termine di sessanta giorni dal ricevimento, spirato il quale il ricorso si intende respinto.

Presentazione del ricorso

Salvo diverse modalità organizzative che potranno essere adottate dopo una prima fase di monitoraggio sulla quantità dei ricorsi presentati, gli stessi vanno inoltrati alla sede dell’Ispettorato territoriale del lavoro nel cui ambito territoriale è stato adottato l’atto di accertamento da impugnare.

Al ricorso va allegato l’atto impugnato anche ai fini dell’esatta individuazione dell’autorità che lo ha emesso, alla quale va richiesta l’ulteriore documentazione utile per la decisione.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi del comma 1, lettera c) dell’art. 11 del D.Lgs. n. 149/2015, così come già previsto per i ricorsi ex art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, anche in tal caso sussiste una interruzione dei termini di presentazione dei ricorsi a seguito di emanazione della diffida di cui all’art. 13, comma 5, del D.Lgs. n. 124/2004.

Ricorsi ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004

Analoghe considerazioni valgono per i ricorsi al Comitato per i rapporti di lavoro, previsti all’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, le cui disposizioni non consentono, a partire dal 1° gennaio p.v., di impugnare le ordinanze ingiunzioni concernenti la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro ma, in ordine alle medesime censure, unicamente gli atti di accertamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ivi compresi quelli adottati dal personale ispettivo proveniente dagli Istituti previdenziali.

Il Comitato per i rapporti di lavoro è costituito presso le competenti sedi dell’Ispettorato interregionale del lavoro (si riportano di seguito le sedi e i relativi ambiti di competenza) alle quali, pertanto, i ricorsi vanno inoltrati nel termine già previsto di trenta giorni dalla notifica dell’atto di accertamento per essere decisi, con provvedimento motivato, nel termine di novanta giorni dal ricevimento, il cui inutile decorso determina il silenzio rigetto.

IIL MILANOIIL VENEZIAIIL ROMAIIL NAPOLI
LiguriaEmilia RomagnaAbruzzoBasilicata
LombardiaFriuli Venezia GiuliaLazioCampania
PiemonteMarcheSardegnaCalabria
Valle d’AostaVenetoToscanaMolise
UmbriaPuglia

 

Istruttoria

In merito alle modalità di presentazione del ricorso e dello svolgimento della fase istruttoria, si richiamano le istruzioni impartite per tale procedura nella lettera circolare del 21 gennaio 2015 della Direzione generale dell’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro, in cui si è ritenuto opportuno assegnare la trattazione della prima fase istruttoria dei ricorsi agli uffici territoriali aventi sede nei capoluoghi di Regione diversi da quelli su cui insistono gli Ispettorati interregionali del lavoro e riservare, invece, direttamente a quest’ultimi, la trattazione dei ricorsi provenienti dagli Ispettorati territoriali ubicati nelle quattro Regioni sedi dei medesimi Ispettorati interregionali.

Ricorsi pendenti alla data del 1° gennaio 2017

In ordine alle problematiche dello jus superveniens, si osserva come la modifica normativa degli articoli 16 e 17 non può certamente incidere sui ricorsi per i quali, alla data di operatività dell’INL, sia stato definito il relativo procedimento per effetto della intervenuta decisione o in conseguenza del decorso del termine, rispettivamente, di sessanta e novanta giorni per la formazione del silenzio rigetto.

In tali casi, infatti, per il principio generale del tempus regit actum che trova applicazione per giurisprudenza costante anche al procedimento amministrativo (cfr. tra le altre sent. Consiglio di Stato n. 5524/2014) le nuove disposizioni non possono essere applicate ai apporti giuridici esauriti – per essere stati iniziati e conclusi – sotto la vigenza della precedente legge.

Ne consegue che anche il dies a quo per impugnare in Tribunale le ordinanze ingiunzioni decorre dal momento della notifica della decisione amministrativa ovvero dalla scadenza del termine fissato per la decisione ai sensi del previgente art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 124/2004.

Diversamente, in virtù del medesimo principio ed in considerazione della mancanza di una disciplina transitoria, le nuove disposizioni trovano immediata applicazione ai ricorsi che, al 1° gennaio 2017, non risultano ancora decisi o per i quali non si sia formato il silenzio rigetto.

In tal caso il dies a quo per impugnare in Tribunale le ordinanze ingiunzioni oggetto di ricorso amministrativo coincide con la data di efficacia delle nuove norme, in considerazione dell’intervenuta abrogazione del gravame amministrativo e del conseguente effetto interruttivo del termine per proporre ricorso giurisdizionale di cui al citato comma 3 dell’art. 16.

In definitiva, l’applicazione del principio tempus regit actum comporta quanto segue:

– i ricorsi amministrativi che, alla data di operatività dell’Ispettorato, sono stati decisi o per i quali è decorso il termine per la formazione del silenzio rigetto, restano disciplinati dalle vecchie disposizioni e il termine per proporre opposizione all’ordinanza ingiunzione decorre dalla notificazione della decisione amministrativa o dalla scadenza del termine fissato per la decisione;

– i ricorsi amministrativi che, alla data di operatività dell’Ispettorato, non sono stati ancora decisi o per i quali non è trascorso il termine fissato per la decisione diventano improcedibili, in quanto non possono più essere trattati in base alla precedente disciplina. Il termine per proporre opposizione ad ordinanza ingiunzione decorre dal 1° gennaio 2017, atteso che cessa da quel momento anche l’interruzione dei termini prevista in caso di presentazione di ricorso amministrativo di cui all’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 124/2004;

– i ricorsi amministrativi presentati successivamente al 1° gennaio 2017 sono inammissibili, in quanto non previsti dalla nuova disciplina. In tale ipotesi non essendosi prodotto alcun effetto interruttivo a seguito della presentazione del ricorso il termine per proporre opposizione all’ordinanza ingiunzione decorre dalla data di notificazione dell’ordinanza.

In considerazione di quanto sopra, si invitano le Direzioni interregionali in indirizzo a dare tempestiva comunicazione ai soggetti che abbiano presentato ricorsi ancora pendenti al 1° gennaio 2017 degli effetti connessi alla piena operatività dell’Ispettorato.

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