Cassazione Lavoro: sussiste l’obbligo contributivo per ferie non godute nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione anche in assenza di risoluzione del rapporto di lavoro- Autonomia del rapporto previdenziale dal rapporto di lavoro.

Con  Sentenza n. 26160 del 17 novembre 2020  la Corte di Cassazione-Sezione Lavoro ha ribadito il principio secondo il quale,  in ragione dell’autonomia del rapporto previdenziale rispetto al rapporto di lavoro tra le parti (derivante dal disposto di cui all’art. 12 L.153 del 1969) ed al carattere parafiscale dell’obbligazione contributiva, il credito contributivo previdenziale ha natura inderogabile ed è sottratto all’autonomia privata delle parti.

Su tali basi, , in accoglimento del ricorso proposto dall’INPS, nella citata sentenza la Suprema Corte ha ritenuto che,  qualora il lavoratore non abbia fruito delle ferie maturate entro il termine previsto dall’art. 10 del D.lgs n.66/2003, viene a generarsi una maggiore capacità contributiva derivante dalla prestazione di lavoro resa in un periodo in cui per legge la stessa non sarebbe potuta essere resa. Tale prestazione lavorativa non può non incidere sugli oneri di finanziamento del sistema previdenziale posti a carico dell’impresa. La maggiore capacità contributiva in termini economici è quantificabile quale indennità per ferie non godute che, pertanto, indipendentemente dalla effettiva corresponsione, concorre a formare l’imponibile previdenziale. L’eventuale effettiva fruizione anche in epoca successiva ai 18 mesi, comunque, potrebbe giustificare il diritto del datore di lavoro a recuperare l’importo dei contributi versati su tale indennità.

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