Gentili colleghi,
ritenendo di fare cosa gradita nei confronti degli associati e non, lo Staff ILA, segnala Circolare INAIL n. 47/1987 del 13 luglio 1987 Poteri degli ispettori di vigilanza articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e articolo 3 della legge 11 novembre 1983, n. 638, di conversione del DL 12 settembre 1983, n. 463. Principi e chiarimenti.<
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Circolare INAIL n. 47/1987 del 13 luglio 1987<
Poteri degli ispettori di vigilanza articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e articolo 3 della legge 11 novembre 1983, n. 638, di conversione del DL 12 settembre 1983, n. 463. Principi e chiarimenti.
Organo: INAIL
Documento: Circolare n. 47 del 13 luglio 1987
Oggetto: Poteri degli ispettori di vigilanza: articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e articolo 3 della legge 11 novembre 1983, n. 638, di conversione del D.L. 12 settembre 1983, n. 463. Principi e chiarimenti.
L’art. 13 della legge 24/11/1981, n. 689, e l’art. 3 della legge 11/11/1983, n. 638, hanno conferito alla funzione ispettiva una nuova dimensione che impone un’organica normativa regolamentare atta a disciplinare l’esercizio dei poteri che derivano dalle predette norme. Mentre per quanto riguarda la legge 24/11/1981 n. 689, recante “Modifiche al sistema penale” si fa rinvio alle istruzioni impartite con circolari nn. 71/1985 e 16/1986, si ritiene opportuno fare il punto – a chiarimento di quanto stabilito, in particolare, all’art. 3 della citata legge n. 638/1983 – sui principi essenziali inerenti potestà e compiti degli ispettori di vigilanza.
Natura giuridica dell’attività ispettiva previdenziale
L’attività ispettiva previdenziale è tesa a prevenire ed impedire atti illeciti contrari agli scopi istituzionali dell’ente influendo sulla sfera giuridica dei soggetti sottoposti alle norme sull’assicurazione obbligatoria assume la configurazione di attività di polizia amministrativa.
Come tale, pur senza assurgere al rango (e conferire quindi i vasti poteri con relativi oneri e responsabilità) di attività di polizia giudiziaria essa conferisce a chi la espleta facoltà non esercitabili da altri funzionari dell’ente cui non sia delegata tale attività.
Essa è caratterizzata dalla potestà di porre alcune limitazioni alle libertà individuali (ad esempio accedere ai locali, esaminare documenti, ispezionare cose e luoghi, ecc.) finalizzata, in base a precise disposizioni di legge, al conseguimento degli specifici scopi dell’ente nelle materie concernenti la previdenza e l’assistenza sociale. Dalla natura giuridica sopraindicata deriva una discrezionalità propria delle potestà amministrative, che incontra anch’essa precisi limiti nelle norme di legge che le disciplinano e nella causa dello specifico atto amministrativo (ispettivo), che deve essere sempre indirizzato allo scopo per il quale il potere è stato concesso.
Detti poteri sono classificabili come segue.
Potere di ispezione e di accesso
Per l’accertamento delle violazioni di competenza dell’INAIL, gli ispettori possono procedere all’ispezione di cose e luoghi diversi dalla privata dimora, in base a quanto stabilisce il citato art. 13 delle legge n. 689/1981.
Ai fini dell’esercizio del potere di ispezione gli ispettori possono accedere ai locali delle aziende, agli stabilimenti, ai laboratori, ai cantieri e a qualsiasi altro luogo di lavoro come negozi, esercizi pubblici, studi professionali ed ai locali nei quali viene svolta un’attività lavorativa assoggettabile alle norme di legge sull’assicurazione obbligatoria (art. 3, comma 1 lett. a) della citata legge n. 638/1983).
E’, viceversa, esclusa dal potere di accesso, la privata dimora (abitazione ovvero locale in cui la persona fisica suole intrattenersi nelle pause di lavoro, sia per ristorare il proprio organismo, sia per custodirvi effetti personali), salvo che l’interessato non presti per iscritto il proprio consenso: in assenza di questo, dovranno essere assunte le possibili iniziative alternative (ad es. raccolta di informazioni da qualunque fonte) e, comunque, quelle dirette a tutelare gli eventuali crediti dell’istituto.
Nell’ipotesi di un professionista che detenga nel proprio domicilio i libri contabili e fiscali, andranno applicate, previ gli avvertimenti del caso, le norme relative alla tenuta e conservazione dei libri stessi ed all’obbligo di fornire, a richiesta degli ispettori di vigilanza, notizie e documenti.
Il potere d’ispezione e di accesso è finalizzato esclusivamente all’accertamento delle violazioni in materia di disposizioni previdenziali per le quali è prevista una sanzione amministrativa nonché all’esame dei libri di matricola e di paga, dei documenti equipollenti e di ogni altra documentazione che abbia diretta o indiretta pertinenza con l’assolvimento degli obblighi contributivi e con l’erogazione delle prestazioni.
Può tuttavia verificarsi che, nel corso dell’esame della documentazione, emergano fatti rilevanti ad altri fini, sia sotto il profilo dell’illecito amministrativo, sia sotto il profilo dell’illecito penale.
Nella prima ipotesi l’ispettore non è tenuto a svolgere alcun adempimento in quanto l’obbligo del rapporto, previsto dell’art. 17 della legge n. 689/1981, è limitato alla materia di competenza dell’ispettore stesso. Infatti l’art. 17 citato lega strettamente l’obbligo di rapporto al potere di accertamento e contestazione e, quindi, alla competenza per materia dell’organo “addetto al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa” (art. 13 legge n. 689/1981).
Nella seconda ipotesi in caso di accertamento di fatti nei quali possano ravvisarsi ipotesi di reato perseguibile d’ufficio, si conferma che gli ispettori, in quanto pubblici ufficiali, hanno l’obbligo di farne direttamente rapporto all’autorità giudiziaria o all’ispettorato del lavoro, nonché di informarne il direttore della sede di appartenenza (cfr. circ. 51/1985, pag. 3).
Potere di accertamento e verbali.
Il potere di accertamento consiste nell’attività di osservazione, di ricerca di notizie e prove per verificare l’esistenza dei presupposti del rapporto assicurativo, dell’obbligo contributivo (con particolare riguardo alla corretta applicazione della tariffa dei premi in relazione alle lavorazioni svolte) e per l’erogazione delle prestazioni nonché per verificare il regolare svolgimento del procedimento amministrativo di riscossione di premi e contributi anche nei suoi aspetti formali (adempimenti del datore di lavoro e/o del lavoratore).
In base a quanto previsto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 3 della legge n. 638/1983, il potere di accertamento si concretizza con l’assunzione di dichiarazioni e notizie che possono essere richieste ai datori di lavoro, ai lavoratori, alle rappresentanze sindacali e agli istituti di patronato. Esso costituisce valido motivo per l’esercizio del potere di accesso del quale si è parlato in precedenza.
Le dichiarazioni e le notizie devono essere raccolte in un completo – sia pur sintetico – processo verbale, redatto dall’ispettore del rifiuto di sottoscrivere e delle relative motivazioni. Le dichiarazioni e le notizie possono essere rese anche direttamente dai dichiaranti con un atto scritto, a forma libera, recante la sottoscrizione. A tale proposito, nel richiamare alla scrupolosa osservanza delle disposizioni in materia impartite con circolare n. 86/1971, è opportuno precisare che, nel sottoscrivere dichiarazioni rese direttamente a verbale, il dichiarante deve dare atto di averle lette o di averne ricevuto lettura e di confermare il contenuto.
Nell’ipotesi, invece, di dichiarazione separata, ove la stessa non sia resa totalmente di pugno dal dichiarante, costui dovrà dare ugualmente atto di aver letto o aver ricevuto lettura della dichiarazione e di confermarla e sottoscriverla.
Ove il dichiarante non sia, per qualunque motivo, in grado di sottoscrivere, è opportuno che il verbale dell’ispettore sia accompagnato dalla dichiarazione di testimoni (possibilmente due) che diano atto dell’avvenuta lettura al dichiarante e della conferma da parte di questi.
In ordine alla possibilità di interrogare, in prossimità dei presumibili luoghi di lavoro, persone diverse da quelle di cui al 2 capoverso del presente punto, non v’è dubbio che tale facoltà possa essere esercitata, ma è da ritenere che il rifiuto di rispondere non possa essere sanzionato, salvo che non si tratti del datore di lavoro.
Restano ferme, naturalmente le conseguenze anche penali di un atteggiamento negativo che assuma connotazioni tali da rappresentare reato (ad esempio minacce od ingiurie).
I verbali redatti dagli ispettori di vigilanza sono documenti assistiti da particolare valore probatorio.
Essi, infatti, fanno prova fino a querela di falso delle operazioni compiute, degli accertamenti svolti e delle dichiarazioni raccolte dall’ispettore che li redige; fanno invece fede, fino a prova contraria, del contenuto dei documenti o delle dichiarazioni raccolte.
E’ pertanto opportuno che detti verbali vengano redatti con la massima cura e che contengano ogni elemento che possa interessare l’accertamento (stato dei luoghi, comportamenti dei soggetti, atti compiuti dall’ispettore, ecc.).
In particolare, nel verbale e/o nei relativi allegati che ne costituiscono parte integrante, devono risultare chiaramente esposti tutti gli elementi attinenti le irregolarità contestate e gli addebiti rivolti ai soggetti responsabili che possano costituire oggetto di ricorso da parte degli interessati e, quindi, di riesame da parte di uffici ed organi competenti.
Potere di contestazione.
Il potere di contestazione consiste, ai sensi dell’art. 14 della legge 689/1981, nella comunicazione della commessa infrazione al trasgressore da parte dell’ispettore che ha proceduto all’accertamento. Esso trova fondamento nel rapporto organico esistente fra l’ente e il suo funzionario. Questi, infatti, manifesta con la contestazione la volontà dell’ente emanando un provvedimento preordinato alla realizzazione di interessi specifici della pubblica amministrazione, consistente in statuizioni destinate a produrre modificazioni di situazioni giuridiche.
Si richiamano, in proposito, le istruzioni già impartite con precedente circolare n. 71/1985.
Potere di sequestro.
L’art. 13, comma 2 , della legge n. 689/1981 stabilisce che “gli organi addetti al controllo…..possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria”.
Per effetto del richiamo espresso al citato articolo 13, contenuto nel 5 comma dell’art. 35 della legge n. 689/1981, si deve ritenere attribuito agli ispettori di vigilanza dell’INAIL anche il potere di sequestro, limitatamente alle cose che costituiscono la prova dell’illecito amministrativo previdenziale. Si richiamano, in merito alle modalità di esecuzione, di trasporto, consegna, custodia delle cose sequestrate, le norme contenute nel capo II del DPR 29/7/1982, n. 571, emanato in attuazione dell’ultimo comma dell’art. 17 della legge n. 689/1981 (cfr. all. 1).
Le difficoltà concrete e le responsabilità di conservazione e custodia connesse col sequestro inducono ad escludere nel modo più assoluto l’esecuzione dei sequestri su valori di qualsiasi genere (denaro, assegni o altri titoli di credito), preferendosi – ove necessario – farne accurata descrizione nel verbale.
Il sequestro, pertanto, andrà rigorosamente adottato nei casi di effettiva necessità, ai documenti limitandone al massimo la durata.
Inoltre – considerato che, in base ai poteri spettanti in genere ai pubblici ufficiali, l’Ispettore stesso ha facoltà di dichiarare “conforme all’originale” la copia dei documenti – si consiglia di favorire l’acquisizione di copia degli stessi in tutti i casi in cui non ostino validi motivi.
Nell’eventualità che per estrarre la copie fotostatiche sia necessario trasferire i documenti in ufficio, sarà opportuno che i relativi incombenti siano svolti nel più breve tempo possibile.
Ad evitare la fraudolenta sostituzione degli originali, una volta restituiti, sarà opportuno che, prima di eseguirne la fotocopia, gli stessi vengano identificati con un timbro recante la dicitura “estratta copia”, la data e la firma di un funzionario che esegue l’operazione e che gli estremi o la sommaria descrizione vengano riportati nel verbale.
La conformità della copia agli originali dovrà essere avallata con la sottoscrizione anche del datore di lavoro.
Potere di diffida.
Il potere di diffida, di cui all’art.9 del DPR n. 520 del 19 marzo 1955, può essere esercitato in riferimento solo a fatti espressamente accertati, ed al riguardo si fa presente che – come chiarito nella circolare del ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 43 dell’8 aprile 1983 (cfr. all. n. 2) diramata sulla base del parere espresso della sez. II del Consiglio di stato in data 19 gennaio 1983 – le innovazioni introdotte dalla legge n. 689/1981 non precludono la possibilità di avvalersi dell’anzidetto criterio anche nei casi di violazioni di ordine meramente amministrativo, come quelle previste dall’art. 35, II, III, e VII comma della stessa legge n. 689/1981.
Il potere di diffida, ove esercitato, resta peraltro subordinato, come messo in rilievo dalla stessa circolare ministeriale sopra citata, all’esigenza che il termine assegnato con la diffida medesima sia tale da consentire comunque, in caso di sua inosservanza, la notifica degli illeciti amministrativi rilevati entro il termine di 90 giorni dalla data di accertamento, previsto dall’art. 14 della legge n. 689/1981.
Doveri e responsabilità degli ispettori.
I doveri degli ispettori possono brevemente riassumersi nel già citato obbligo di rapportare i fatti all’autorità giudiziaria o all’ispettorato del lavoro, nell’obbligo di astenersi, nell’esercizio dei poteri ad essi demandati, da comportamenti che esorbitino dai limiti dei poteri stessi oltrechè nell’obbligo di svolgere tutti i compiti del proprio ufficio.
Il primo obbligo, previsto dall’art. 2, comma 2 c.p., è penalmente sanzionato dall’art. 361 c.p. che punisce con la multa da L. 60.000 a 1.000.000 il pubblico ufficiale che ometta o ritardi di denunciare reati di cui sia venuto a conoscenza “nell’esercizio od a causa delle sue funzioni”.
Va quindi chiarito che, a differenza degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, gli ispettori di vigilanza soggiacciono a tale obbligo soltanto per fattispecie delle quali sono venuti a conoscenza quando sono in servizio.
Giova ricordare che il reato sopraindicato ha carattere doloso e che, pertanto, l’omissione od il ritardo debbono essere prevenuti o voluti come conseguenza diretta dal proprio comportamento.
Considerato il carattere doloso del reato, non possono considerarsi ritardi i tempi tecnici necessari alla redazione ed all’inoltro del rapporto.
Il secondo obbligo, ove non osservato, potrebbe configurare il reato di abuso di potere, disciplinato dall’art. 323 c.p. Trattasi, anche in questo caso, di reato doloso compiuto allo scopo specifico di recar danno a terzi. La violazione del terzo obbligo potrebbe costituire omissione di atti di ufficio. Va precisato, a tal proposito, che la sussistenza di una struttura amministrativa gerarchicamente organizzata, fa si che il reato possa sussistere allorquando i poteri spettanti agli ispettori non vengano da questi esercitati nei limiti dell’incarico ricevuto dalla struttura di appartenenza; non sussiste, perciò, l’omissione di atti di ufficio allorquando il dipendente si sia attenuto alle istruzioni impartite dall’Istituto sui piani o sulle modalità di svolgimento dell’attività ispettiva.
Va, infine, rammentato che – con taluni dei fatti penali sopraindicati – può concorrere, ove si siano verificati danni per l’istituto o a terzi, una responsabilità amministrativa e civile degli ispettori.
Non sussiste, peraltro, responsabilità alcuna dei singoli, ma eventualmente del solo istituto, laddove danni a terzi si siano verificati nel legittimo esercizio delle attività ispettive.
Tutela penale degli ispettori di vigilanza.
Ferma restando la generale tutela penale che assiste tutti i cittadini, soprattutto se incaricati di pubbliche funzioni, a più specifica tutela della persona e dell’attività degli ispettori di vigilanza soccorrono gli articoli 336, 337 e 341 c.p.
Il primo punisce chi usa violenza o minaccia al pubblico ufficiale per costringerlo a compiere un atto contrario al proprio ufficio ovvero ad omettere un atto dell’ufficio.
Il reato presuppone un’azione fisica (violenza) o psichica (minaccia) tale da limitare concretamente od ingenerare timore atto a coartare la volontà del pubblico ufficiale.
Il secondo punisce chi usa violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale mentre compie un atto di ufficio o di servizio; la differenza, rispetto alla precedente fattispecie, è di ordine temporale; mentre nel primo caso l’azione coercitiva si compie durante lo svolgimento dell’attività di servizio, nel secondo essa precede l’inizio dell’atto del pubblico ufficiale e mira ad impedirne l’avvio.
Infine, l’art. 341 c.p. punisce che offende l’onore ed il prestigio del pubblico ufficiale, in presenza dello stesso ed a causa dell’esercizio delle sue funzioni.
Eventuali dubbi o incertezze che dovessero insorgere nella applicazione delle presenti istruzioni dovranno essere segnalati a questa direzione generale che provvederà a fornire i chiarimenti del caso.
Copia della circolare dovrà essere consegnata a ciascun ispettore.
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