Prot. 37/0014200
Oggetto: cambio nella gestione degli appalti e tutela dei diritti dei lavoratori.
L’Associazione Nazionale Sindacati dei Trasporti e dei Servizi ha avanzato istanza di interpello a questa Direzione per conoscere “quale possa essere lo strumento legale assimilabile al cambio d’appalto e che ne qualifichi lo spessore giuridico-contrattuale” e quale tutela sia esperibile “al fine di garantire i diritti dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro”.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale delle Relazioni Industriali e dei Rapporti di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
La materia della successione negli appalti tra imprese trova la propria disciplina nell’ambito della contrattazione collettiva. Ad esempio, il CCNL per i dipendenti di aziende esercenti Igiene Ambientale, all’art. 6, prevede che in tutti casi di cessazione di un appalto di servizi e di conseguente aggiudicazione dell’appalto ad una diversa azienda, i rapporti di lavoro sussistenti con la prima azienda appaltatrice vengono a cessare e l’appaltatrice subentra nella gestione dei rapporti di lavoro se impiegati presso l’azienda cessante nei 240 giorni precedenti l’inizio della nuova gestione.
Tuttavia la stabilità del rapporto di lavoro, garantita tramite il contratto collettivo nelle modalità indicate, potrebbe risultare “indebolita” per il fatto di essere garantita proprio a livello contrattuale. Avendo, infatti, il contratto collettivo una efficacia soggettivamente limitata, le clausole che garantiscono ai lavoratori la continuità del rapporto di lavoro risultano opponibili all’impresa subentrante solo se anch’essa applica lo stesso contratto collettivo o altro contratto che contempli analogo obbligo.
Tale criticità risulta amplificata dalla difficile riconduzione del c.d. cambio appalto ad altri strumenti legali e alle relative tutele previste dall’ordinamento in caso di violazione o mancata applicazione degli stessi.
Si evidenzia al riguardo che la circolare L/01 del 28 maggio 2001 di questo Ministero afferma radicalmente l’esclusione dei licenziamenti comunicati a causa della cessazione di un appalto, qualunque sia il loro numero, dall’area di applicazione della disciplina dei licenziamenti per riduzione del personale dettata dalla L. n. 223/1991 considerandoli, invece, come licenziamenti individuali plurimi per giustificato motivo oggettivo da assoggettare, quindi, alla disciplina della L. n. 604/1966.
Precisa, infatti, questo Ministero che la perdita di un appalto di servizi non può essere ricondotta alle situazioni tipiche di sospensione del lavoro o riduzione del personale per situazioni temporanee di mercato né ad ipotesi di ristrutturazione o crisi aziendale quanto, piuttosto, ad un tourn over assolutamente “fisiologico”. In tale contesto il cambio di gestione nell’appalto viene disciplinato allo scopo principale di salvaguardare i livelli occupazionali mediante un impegno all’assunzione degli addetti al singolo appalto da parte dell’impresa subentrante mediante uno strumento contrattuale di tutela dell’occupazione.
Nello stesso senso dispone l’art. 7, comma 4 bis, della L. n. 31/2008 secondo cui “nelle more della completa attuazione della normativa in materia di tutela dei lavoratori impiegati in imprese che svolgono attività di servizi in appalto e al fine di favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori, l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non comporta l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, in materia di licenziamenti collettivi, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative”.
Va inoltre rilevato che, in base alle disposizioni dell’art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276/2003, “l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda”. Ciò sta a significare che il passaggio del dipendente da una azienda all’altra in caso di cambio appalto può avvenire, diversamente da quanto prevede l’art. 2112 c.c., senza riconoscere l’anzianità del lavoratore o la sua retribuzione o il suo livello di inquadramento, salvo che il contratto collettivo preveda condizioni di miglior favore disponendo, per esempio, che il rapporto prosegua a parità di condizioni.
A prescindere dalle valutazioni circa la disciplina normativa in tale materia, la giurisprudenza si è più volte trovata a decidere su questioni attinenti i licenziamenti effettuati per cambio appalto o per mancate assunzioni da parte delle nuove società appaltatrici, ribadendo costantemente che, in virtù della previsione da parte della contrattazione collettiva della disciplina del cambio appalto, sussiste per il lavoratore un diritto all’assunzione diretta da parte dell’impresa subentrante in caso di cessazione dell’appalto originario, quindi anche per scadenza del contratto o risoluzione anticipata dello stesso (Cass., sez. lav., n. 12613/2007.
Peraltro, osserva la Suprema Corte, la tutela prevista dai contratti collettivi non esclude ma si aggiunge a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento per il cambio appalto, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario (Cass., sez. lav., sent. cit.; Cass., sez. lav., n. 4166/2006; v. anche Cass., sez. lav., n. 3337/1998; Cass., sez. lav., n. 15593/2002).
Quanto fin ora dedotto dalla giurisprudenza risulta quindi in linea con il quadro giuridico delineato dal Legislatore e dalla prassi di questo Ministero dato che, da un lato, grazie alla riconduzione della cessazione del rapporto di lavoro al licenziamento individuale, si afferma per il lavoratore il diritto di impugnare il licenziamento per insussistenza del giustificato motivo oggettivo; dall’altro, si rafforza l’obbligo giuridico per l’azienda subentrante di assunzione diretta del lavoratore in base alle previsioni contenute nel contratto collettivo e la conseguente possibilità per il lavoratore, in caso di inottemperanza, di adire l’Autorità giudiziaria
Alla luce di quanto sopra va rilevato che l’ordinamento, pur non disciplinando direttamente il meccanismo del cambio appalto previsto dalla contrattazione collettiva, concede comunque sufficienti tutele al lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro che ne intima il licenziamento per la conclusione dell’appalto, sia nei confronti della società nuova appaltatrice.
Va da ultimo osservato che, sebbene l’art. 29, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003 non ammetta la riconduzione del cambio appalto al trasferimento d’azienda o di un ramo di essa, ciò non esclude che, se in sede giudiziaria si accerta che in concreto si tratta di ipotesi riconducibili alla previsione dell’art. 2112 c.c., occorrerà applicare la relativa disciplina con riconoscimento, quindi, della continuità dei rapporti di lavoro tra impresa cedente e cessionaria (v. Cass. civ., sez. lav., n. 493/2005 che ha ravvisato il trasferimento d’azienda in un’ipotesi di successione nell’appalto di servizi con passaggio di beni di non trascurabile entità; v. anche Trib. Roma, sent. 20 novembre 2007 e Trib. Roma, ordinanza 9 giugno 2005 secondo cui l’art. 29, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003 “non può interpretarsi nel senso che in ogni ipotesi di subentro di un appaltatore a un altro debba escludersi ex lege il trasferimento di azienda, piuttosto tale norma va intesa nel senso che nei cambi di gestione non vi è trasferimento d’azienda per il solo fatto che via acquisizione di personale”).
prot. 37/0020309
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – agevolazioni ex art. 8, comma 9, L. n. 407/1990 – assunzione di lavoratori in “sostituzione” di altri lavoratori impiegati con mansioni differenti – dimissioni e risoluzioni consensuali.
L’ANISA – Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio – ha avanzato istanza di interpello al fine di conoscere il parere di questa Direzione generale in ordine al riconoscimento delle agevolazioni di cui all’art. 8, comma 9, L. n. 407/1990.
In particolare, l’istante chiede quale sia la corretta interpretazione della locuzione “in sostituzione” contenuta nella norma, ponendo altresì la questione circa l’applicabilità di quest’ultima nelle ipotesi di dimissioni del lavoratore e di risoluzione consensuale ex art. 7, L. n. 604/1966, come modificato dall’art. 1, comma 40, L. n. 92/2012.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale degli Ammortizzatori Sociali e I.O., si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, occorre muovere dalla lettura dell’art. 8, comma 9, L. n. 407/1990, come riformulato dalla L. n. 92/2012, secondo il quale “in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale da un periodo uguale a quello suddetto, quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi, i contributi previdenziali ed assistenziali sono applicati nella misura del 50 per cento per un periodo di trentasei mesi (…)”.
Dal dettato normativo si evince che, per poter fruire delle agevolazioni, è necessario che la nuova assunzione non venga effettuata al fine di sostituire lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione di personale, e non più “per qualsiasi causa licenziati o sospesi” come era previsto anteriormente alla Legge n. 92.
Sul punto l’INPS, con circolare n. 137/2012, ha chiarito che ricorre la “sostituzione” di lavoratori dipendenti quando il datore di lavoro effettui l’assunzione di un lavoratore per adibirlo a mansioni per le quali il personale licenziato vanta un diritto di precedenza alla riassunzione.
A seguito delle modifiche apportate alla citata norma dall’art. 4, comma 12 lett. a), L. n. 92/2012, si evidenzia, infatti, che il beneficio contributivo non spetta laddove l’assunzione violi “il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine”
In proposito, appare utile richiamare l’art. 5, comma 4 quater, D.Lgs. n. 368/2001 il quale, in ordine al riconoscimento del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato, fa riferimento “alle mansioni già espletate” dal lavoratore in esecuzione di uno o più rapporti a termine presso la medesima azienda per un periodo superiore a sei mesi.
Si sottolinea che lo stesso Legislatore, nell’ambito dell’art. 4, comma 12 lett. b), della L. n. 92/2012, ha chiarito quali siano i rapporti tra la disciplina sui diritti di precedenza e il godimento di incentivi alla assunzione, stabilendo che le stesse agevolazioni non spettano nel solo caso di violazione dei summenzionati diritti, i quali si intendono violati ogni qual volta il diritto di precedenza non venga rispettato.
Alla luce di una interpretazione sistematica si ritiene, pertanto, che la violazione del sopraindicato diritto di precedenza e la conseguente esclusione dal beneficio contributivo, ex art. 8, comma 9, possano essere fatte valere esclusivamente con riferimento alle assunzioni effettuate per la medesima qualifica e per mansioni sostanzialmente analoghe e non invece per qualifiche o mansioni diverse, in quanto solo nel primo caso si realizza una effettiva “sostituzione” del lavoratore.
Per quanto concerne il secondo quesito, circa l’applicabilità dell’art. 8, comma 9, nelle ipotesi di dimissioni del lavoratore e di risoluzione consensuale ex art. 1, comma 40, L. n. 92/2012, si fa presente che lo stesso art. 8 limita la perdita del beneficio contributivo nei confronti di quei datori di lavoro che, nei sei mesi precedenti la nuova assunzione, abbiamo effettuato recessi unilaterali o sospensione dei rapporti di lavoro nell’interesse dell’impresa, con esclusione dei casi di cessazione del rapporto verificatisi a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale o per cause imputabili al lavoratore (giusta causa o giustificato motivo soggettivo).
In definitiva, si ritiene possibile fruire delle agevolazioni contributive in argomento nelle ipotesi di dimissioni del lavoratore nonché di risoluzione consensuale del rapporto, anche qualora queste ultime siano così definite a seguito della procedura ex art. 7, L. n. 604/1966.
Prot. 37/001159
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – concessione benefici contributivi di cui alla L. n. 407/1990 – passaggio appalto imprese di pulizie – art. 4 CCNL / Servizi di Pulizie / Multiservizi.
La Confapi ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla possibilità – nelle ipotesi di cambio appalto – di beneficiare delle agevolazioni contributive di cui all’art. 8, comma 9, L. n. 407/1990, in relazione alle nuove assunzioni effettuate dall’azienda cedente l’appalto entro sei mesi dalla cessazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti della medesima azienda impiegati nell’appalto.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale degli Ammortizzatori Sociali e I.O. e della Direzione generale delle Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle Relazioni Industriali nonché dell’Ufficio legislativo, si rappresenta quanto segue
Va innanzitutto osservato che l’art. 1, comma 121, della L. n. 190/2014 (c.d. Legge di Stabilità 2015) ha previsto che “i benefici contributivi di cui all’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e successive modificazioni, sono soppressi con riferimento alle assunzioni dei lavoratori ivi indicati decorrenti dal 1º gennaio 2015”; pertanto i chiarimenti che seguono sono evidentemente riferibili a fattispecie intervenute entro la predetta data.
Ciò premesso, si ricorda che la disposizione richiamata, come riformulata a seguito della L. n. 92/2012, stabiliva che “(…) in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale da un periodo uguale a quello suddetto, quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi, i contributi previdenziali ed assistenziali sono applicati nella misura del 50 per cento per un periodo di trentasei mesi”.
Dalla lettura della disposizione, si evince che il Legislatore non ha ritenuto meritevole di incentivazione la condotta del datore di lavoro nell’ipotesi in cui, dopo aver effettuato licenziamenti o sospensioni dal lavoro, per ragioni legate all’attività produttiva o all’organizzazione, abbia effettuato nuove assunzioni per sostituire i lavoratori licenziati o sospesi.
In proposito l’INPS, con circolare n. 137/2012, ha chiarito che ricorre la “sostituzione” di lavoratori dipendenti quando il datore di lavoro effettui l’assunzione di un lavoratore per adibirlo a mansioni per le quali il personale licenziato vanta un diritto di precedenza alla riassunzione.
Come evidenziato da questo Ministero nella risposta ad interpello n. 29/2014, in virtù dell’art. 4, comma 12 lett. b), L. n. 92/2012, i benefici contributivi non spettano, infatti, laddove l’assunzione violi “il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine”.
Ciò posto, in risposta al quesito avanzato, occorre soffermarsi sulla fattispecie del cambio appalto disciplinata principalmente nell’ambito della contrattazione collettiva, laddove alcuni accordi (v. ad es. contratto collettivo Servizi di pulizie/Multi servizi) obbligano l’impresa appaltatrice che subentra nell’appalto a riassumere il personale già in forza presso il precedente appaltatore (v. ML interpello n. 22/2012), con ciò escludendo tali assunzioni da eventuali agevolazioni in quanto effettuate in “attuazione di un obbligo preesistente” sancito da clausole contrattuali (art. 4, comma 12 lett. a), L. n. 92/2012).
Diversamente, con riferimento alle assunzioni di nuovo personale da parte dell’azienda cedente, anche se effettuate entro sei mesi dalle cessazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti di quest’ultima in conseguenza del cambio appalto, si ritiene possano trovare applicazione i benefici di cui all’art. 8, comma 9, L. n. 407/1990.
Ciò nella misura in cui l’effettiva riassunzione dei lavoratori da parte dell’azienda subentrante comporti il “superamento” dei diritti di precedenza nei confronti dell’impresa cedente che ha operato la riduzione del personale. Resta fermo che l’accesso ai benefici è altresì subordinato al rispetto delle condizioni speciali di esclusione poste dalle disposizioni incentivanti e delle altre condizioni generali poste dall’art. 4, comma 12, della L. n. 92/2012.
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Direzione Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali
Divisione V Via Fornovo, 8 – 00192 Roma Tel. 06.4683.4068
pec: dgrapportilavoro.div5@pec.lavoro.gov.it e-mail: dgrapportiavorodiv5@lavoro.gov.it www.lavoro.gov.it
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