Parere MLPS 37/0003674/2016 del 24.02.2016, Art. 316 ter, comma 1, c.p. “Illecito amministrativo di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” Procedimento sanzionatorio. Parere.

Gentili colleghi,

ritenendo di fare cosa gradita nei confronti degli associati e non, lo Staff ILA segnala il Parere MLPS 37/0003674/2016 del 24.02.2016, Art. 316 ter, comma 1, c.p. “Illecito amministrativo di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” Procedimento sanzionatorio. Parere<.

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Parere MLPS 37/0003674/2016 del 24.02.2016 Art. 316 ter, comma 1, c.p. “Illecito amministrativo di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” Procedimento sanzionatorio. Parere<

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Parere 24 febbraio 2016, prot. n. 37/0003674<

Art. 316 ter, comma 1, c.p. “Illecito amministrativo di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” Procedimento sanzionatorio. Parere

Ispezioni sul lavoro ‐ Illecito amministrativo ‐ Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 306 ter c.p.) ‐ Utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti ‐ Omissione di informazioni dovute ‐ Conseguimento di contributi, finanziamenti e mutui agevolati ‐ Erogazioni dello Stato, enti pubblici e Comunità europee ‐ Procedimento sanzionatorio

Oggetto: Art. 316 ter, comma 1, c.p. “Illecito amministrativo di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” Procedimento sanzionatorio. Parere

Codesta Direzione ha inoltrato alla scrivente una richiesta di parere della Direzione Territoriale del Lavoro Chieti‐Pescara, in ordine alle esatte modalità di svolgimento del procedimento sanzionatorio derivante dalla integrazione della fattispecie di cui all’art. 316 ter, comma 2 c.p., illecito raffigurante l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

AI fine di poterne inquadrare le concrete modalità applicative, anche da parte degli organi ispettivi di questo Ministero, occorre individuare la genesi della norma conseguente agli obblighi assunti dall’Italia con la stipula della Convenzione di Bruxelles del 26.7.1995, sulla protezione degli interessi finanziari delle Comunità Europee, con riferimento in particolare a «qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa: all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti, alla mancata comunicazione di un’informazione dovuta, cui consegua la percezione o la ritenzione illecita di fondi, provenienti dal bilancio generale delle Comunità Europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità Europee o per conto di esse” (cfr. Art. 1.1., lett. a, Convenzione PIF).

Come noto, il nostro sistema penale contempla già norme tese alla repressione di abusi nelle sovvenzioni pubbliche, quali, l’art. 640 bis e l’art. 316 bis che puniscono, rispettivamente, la truffa aggravata in erogazioni pubbliche e la mancata destinazione di fondi pubblici alle finalità di pubblico interesse.

L’art. 316 ter c.p., punisce la condotta di chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.

Pertanto, rispetto in particolare al reato di truffa aggravata, la condotta in esame assume carattere residuale, così come si evince anche dall’incipit della formulazione, “sia perché la condotta non ha natura fraudolenta, in quanto la presentazione delle dichiarazioni o documenti attestanti cose non vere costituisce fatto strutturalmente diverso dagli artifici e raggiri, sia per l’assenza della induzione in errore” (Cass. Pen. Sez.II n.46064 del 19/10/2012; Cass. Pen. Sez. Il n.290524 del 24.01‐2012; Cass Pen. Sez. Unite, n.7537 del 25‐02‐2011).

Ai fini della riconducibilità della fattispecie concreta alla previsione di cui al 316 ter, comma 1 e 2 c.p., occorre poter individuare, pertanto, un abuso non fraudolento per il conseguimento di pubbliche sovvenzioni, in particolare, attraverso:

a) la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere;

b) l’utilizzo di tali dichiarazioni o documenti;

c) l’omissione di informazioni dovute.

Affinché il reato si perfezioni ciascuna di queste condotte deve aver causato l’effettivo conseguimento dell’indebito, mentre il reato non si consuma finche l’autore della condotta illecita, o un terzo, non abbiano effettivamente percepito l’indebita erogazione.

Oggetto del quantum indebitamente percepito debbono essere «contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni delle stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici, o dalle Comunità Europee» ove la nozione di “contributo” va intesa, quale “conferimento di un apporto per il raggiungimento di una finalità pubblicamente rilevante e tale apporto non può essere limitato alle sole elargizioni di danaro” (C., S.U., 16.12.2010, n. 7537).

Nel caso in cui l’indebita percezione sia pari o inferiore ad euro 3999,96 la condotta non ha rilevanza penale ed è punita con sanzione amministrativa, ai sensi del comma 2 dell’art. 316 ter c.p.

Tale illecito può essere rilevato dal personale ispettivo, limitatamente alle fattispecie di cui si abbia contezza nell’esercizio dell’attività di vigilanza, nelle materie di rispettiva competenza, secondo la normativa vigente.

Di conseguenza, la relativa sanzione dovrà essere contestata e notificata ai sensi degli artt. 14 e segg. della Legge n. 689/81, assicurando il rispetto della disposizione che limita l’importo massimo della sanzione applicabile, stabilita da un minimo di € 5.164 ad un massimo di € 25.822, al “triplo del beneficio conseguito”.

L’importo della sanzione “ridotta”, ai sensi dell’art. 16 L. n. 689/81, sarà pari ad 1/3 del massimo edittale previsto dalla norma ‐ € 8.607,33 ‐ ovvero pari al triplo del beneficio indebitamente percepito, ove quest’ultimo risulti inferiore alla sanzione così definita.

Alla fattispecie in esame non appare possibile applicare la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004, atteso che la configurazione dell’illecito ‐ come detto subordinata all’effettivo conseguimento dei “contributi, finanziamenti, mutui agevolati” ecc. ‐ di per sé determina un danno nei confronti dei soggetti erogatori, di coloro che avrebbero potuto legittimamente fruire delle medesime somme e della società civile in genere, di per sé mai completamente recuperabile.

In merito alla individuazione della competenza per territorio a contestare la violazione amministrativa, occorre evidenziare che il reato (come l’illecito amministrativo) di cui all’art. 316 ter c.p. si consuma nel momento in cui è realizzato l’evento, consistente nell’erogazione e nella conseguente percezione dell’indebito.

Più in particolare, secondo il recente orientamento della Cassazione Pen., Sez. VI, n. 12625, del 19.2.2013, il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato si consuma nel momento e nel luogo in cui l’ente pubblico eroga i contributi, i finanziamenti, i mutui agevolati, disponendone l’accredito sul conto corrente del soggetto che ne abbia indebitamente tatto richiesta, perché è con quell’atto che si verifica la dispersione del denaro pubblico.

In applicazione di tale assunto, e nell’osservanza della regola generale stabilita all’art.8, comma 1, c.p.p., la Corte ha individuato la competenza per territorio nel luogo dove ha sede l’ente pubblico erogante il contributo, a seguito del quale l’imputato “consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolali o altre erogazioni dello stesso tipo”, considerando, invece, irrilevante la località dove era stata presentata la documentazione da parte del richiedente.

Tale indirizzo giurisprudenziale induce, pertanto, a ritenere competente a contestare l’illecito in parola la Dtl del lungo in cui ha sede l’ente pubblico erogante il contributo, fermo restando l’applicazione delle regole suppletive di cui all’art. 9 c.p.p. nei casi in cui non sia possibile determinare la competenza per territorio in funzione della consumazione.

Infine, con particolare riguardo al soggetto cui presentare il rapporto ex art. 17 L.n.689/81, ai fini dell’emanazione dell’ordinanza ingiunzione/archiviazione, è opportuno conciliare la lettura del medesimo articolo con il recente orientamento del Consiglio di Stato in sede consultiva in cui si individua nel Prefetto l’organo competente all’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 316 ter, comma 2 c.p. (cfr. Cons. St., sez.l, Parere n.2836/2014)

Nel parere fornito si è affermato che la competenza prefettizia, qualora non sia espressamente prevista dal Legislatore, si desume dai criteri dettati dall’art. 17, comma 1, sulla base dei quali è possibile affermare una competenza del Prefetto “per materia sostanziale” ed una competenza del medesimo organo “in via residuale”.

Sostanzialmente, il bene giuridico sotteso all’art. 316 ter c.p. è individuato nella fede pubblica, rispetto a cui lo Stato è persona offesa, con conseguente attribuzione della competenza sanzionatoria in capo al Prefetto, quale “ufficio periferico del Ministero dell’Interno nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione”, ai sensi dall’art. 17, comma 1, primo periodo.

In via residuale, la competenza spetta al Prefetto, ai sensi del medesimo comma, ultimo periodo, qualora non si ritenesse d’individuare, nell’ambito della citata fattispecie, un soggetto quale persona offesa all’interno dell’amministrazione dello Stato.

In tal senso è conforme la giurisprudenza: ex multis, Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26‐11‐2013) 15‐01‐2014, n. 1574; Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11‐06‐2013) 24‐06‐2013, n. 27726: Cass.pen. Sez. Il, Sent., (ud. 24‐01‐ 2013) 16‐04‐2013, n. 17300; Cass. pen. Sez. Il, Sent., (ud 22‐11‐2011) 24‐01‐2012, n. 2905.

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