Sentenza Corte di Cassazione n. 17637/2016 del 06/09/2016 La Suprema Corte, ha respinto il ricorso del medico contro il licenziamento stabilito dalla Corte di Appello nel 2013 “Non importa se comportamento fraudolento sia o meno intenzionale”.

Gentili colleghi,

ritenendo di fare cosa gradita nei confronti degli associati e non, lo Staff ILA, segnala a questo link< la Sentenza Corte di Cassazione n. 17637/2016 del 06/09/2016< La Suprema Corte, ha respinto il ricorso del medico contro il licenziamento stabilito dalla Corte di Appello nel 2013. Il dottore aveva addotto come giustificazione al suo comportamento il fatto che doveva correre ad assistere i suoi genitori e che in quel periodo era così stressato che la sua capacità di intendere e di volere era in crisi. I giudici: “Non importa se comportamento fraudolento sia o meno intenzionale”.

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Sentenza Corte di Cassazione n. 17637/2016 del 06/09/2016<

Civile Sent. Sez. L Num. 17637 Anno 2016 Presidente: MACIOCE LUIGI Relatore: NAPOLETANO XXXXXX Data pubblicazione: 06/09/2016<

SENTENZA

sul ricorso 11863-2014 proposto da:

XXXXXX XXXXXX C.F. XXXXXXXXX, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI l, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO FUNARI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

Ricorrente

Contro

Azienda Unità Sanitaria Locale Roma 2 già Azienda Unità Sanitaria Locale Roma “C” C. F. 13665151000 in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, Via FILIPPO MEDA 35, presso lo studio dell’avvocato BARBARA BENTIVOGLI (Avvocatura Aziendale) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIA CRISTINA TANDOI, GABRIELLA MAZZOLI, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 9935/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/12/2013, R.G. N. 2875/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/05/2016 dal Consigliere Dott. XXXXXX NAPOLETANO;

udito l’Avvocato XXXXXX GALLINARO per delega ANTONIO FUNARI;

udito l’avvocato BARBARA BENTIVOGLIO e GABRIELLA MAZZOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale di Roma, rigettava l’impugnazione dei provvedimenti di sospensione dal servizio e di licenziamento adottati dall’Azienda Unità Sanitaria Locale Roma C nei confronti di Xxxxxx Xxxxxx per essersi lo stesso assentato dal servizio pur avendo fatto risultare la sua presenza mediante timbratura, in entrata ed in uscita, del cartellino marcatempo.

A base del decisum la Corte del merito poneva innanzitutto il rilievo secondo il quale l’allegata non volontarietà del comportamento a causa di malattia costituiva un fatto non dedotto nel ricorso di primo grado e come tale era da consideri inammissibile con conseguente non necessità di sospendere il processo sino alla definizione del procedimento • penale nel quale era sta disposta perizia per accertare la capacità d’intendere e volere del Xxxxxx al momento del fatto. Riteneva, poi, la predetta Corte, corretto il comportamento dell’ASL Roma C che aveva fatto decorrere gli effetti della sospensione e del licenziamento dalla data del rientro dalla malattia. Assumeva, inoltre, la Corte distrettuale l’irrilevanza delle addotte ragioni giustificative del comportamento addebitato non avendo il Xxxxxx richiesto autorizzazioni per assentarsi dal servizio per prestare assistenza ai genitori ed essendosi allontanato dal luogo di lavoro dopo avere falsamente attestato la sua presenza attraverso la timbratura del cartellino marcatempo in entrata ed in uscita, comportamento questo integrante la previsione dell’art. 55 ter del dlgs n. 165 del 2001< trattandosi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolenta.

Avverso questa sentenza il Xxxxxx ricorre in cassazione in ragione di quattro censure, illustrate da memoria, cui resiste con controricorso l’Azienda intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, deduce vizio di motivazione e sostiene che la Corte del merito non ha ben valutato tutti i fatti dedotti nel giudizio relativi al suo stato d’incapacità ed in particolare alla relazione del dott. Izzo.

Con la seconda censura il ricorrente, denuncia ex art. 360 n.3 , la “indebita reiezione dell’istanza di sospensione del presente giudizio per pregiudizialità rispetto a quello penale in violazione dell’art. 295 cpc e 211 delle disposizioni di attuazione del cpp.

Le dtie censure che in quanto strettamente connesse dal punto di vista logico giuridico ‘anno trattate unitariamente, non possono trovare accoglimento.

Preliminarmente va rilevato che alla stregua dell’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cpc, disposta dall’art. 54 del di. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione ( S.U. 7 aprile 2014 n. 8053).

Tanto comporta che la censura in esame con la quale si denuncia sostanzialmente un’ “incompletezza, incongruità e contraddittorietà” della motivazione non è scrutinabile in i questa sede di legittimità non senza considerare che la sentenza impugnata sotto il profilo i in esame non presenta alcuna anomalia motivazionale nei sensi sopra indicati.

A tanto aggiungasi che tutte le deduzioni in ordine alle quali parte ricorrente denuncia una insufficiente motivazione attengono ad allegazioni avvenute in grado di appello e che come tali sono irrilevanti ai fini, appunto, della ritenuta novità della questione afferente la non volontarietà del comportamento per malattia mentale.

Né il mero richiamo alla relazione del dott. Izzo vale a superare la non tempestiva deduzione del fatto di cui trattasi quale ragione integrante uno specifico profilo d’impugnazione del licenziamento ritenuto dalla Corte del merito non denunciabile per la prima volta in appello.

Conseguentemente non potendo trovare ingresso, come asserito dalla Corte del merito senza alcuna censura sul punto, in grado di appello il profilo in parola in quanto diverso da quelli specifici posti a base, nel ricorso introduttivo del giudizio, delle impugnazioni dei provvedimenti disciplinari, correttamente detta Corte ha escluso la necessità della invocata sospensione del processo civile sino alla definizione del procedimento penale nel quale era stata disposta perizia per accertare la capacità d’intendere e volere del Xxxxxx al momento del fatto.

Con la terza critica il Xxxxxx assume “l’illegittimità dei provvedimenti di sospensione e di licenziamento benché con efficacia prorogata al momento del rientro in servizio del dott. Xxxxxx e mancata applicazione delle norme poste dall’art. 41 , comma 2, lettera e ter del dlgs n.81 del 2008<

Sostanzialmente il ricorrente prospetta che l’ASL alla scadenza del periodo di congedo avrebbe dovuto sottoporre il dott. Nicolletti a visita medica d’idoneità specifica ai sensi del denunciato art. 41 , comma 2, lettera e) ter del dlgs n.81 del 2008<.

La critica è inammissibile.

La questione infatti è da considerarsi nuova e, quindi, inammissibile, posto che non risulta trattata in alcun modo nella sentenza impugnata ed il ricorrente, in violazione del principio di specificità del ricorso ex artt.366 n. 6 e 369 n. 4 cpc, non ha indicato in quale atto del giudizio precedente ha dedotto siffatta questione ed in quali termini (Cass. 2 aprile 2004 n. 6542, Cass. Cass. 21 febbraio 2006 n.3664 e Cass. 28 luglio 2008 n. 20518).

Né può sottacersi che l’eventuale violazione da parte dell’ASL della denunciata norma non può certo incidere sulla validità dei provvedimenti disciplinari adottati la cui legittimità non è condizionata, nella specie, dalla eventuale violazione della richiamata normativa.

Con l’ultimo motivo il ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione dell’art. 55 quater del dlgs n. 165 del 2001< e dell’art. 8, comma 11, lett. a) e f) del CCNL del personale della dirigenza medica e veterinaria del 6 maggio 2010.

Prospetta il ricorrente che nessuna delle ipotesi contemplate dal richiamato art. 55 quater del dlgs n. 165 del 2001<, a differenza di quanto affermato dalla Corte di Appello, è configurabile nella fattispecie e la denunciata normativa contrattuale presuppone l’intenzionalità del comportamento.

La censura è infondata.

L’art. 55 quater del dlgs n. 165 del 2001<, per quello che interessa in questa sede, dispone che :

1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinar el licenziamento nei seguenti casi: a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia; b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione; omissis.

Al riguardo va rilevato che, per quanto riguarda la timbratura del cartellino marcatempo, correttamente la Corte del merito ha ritenuto ricorrente nella specie l’ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolente, considerato che la timbratura del cartellino marcatempo in entrata ed in uscita non corrispondente alla reale situazione di fatto costituisce certamente una modalità fraudolenta giacché la falsa attestazione del pubblico dipendente circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza costituisce condotta fraudolenta oggettivamente idonea ad indurre in errore l’amministrazione datore di lavoro circa la presenza effettiva sul luogo di lavoro e integra il reato di truffa aggravata ove il pubblico dipendente si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, sempre che siano da considerare economicamente apprezzabili (Cass. pen..n.8426 del 2014).

La rilevata estraneità del profilo della intenzionalità del comportamento rende non conferente la critica concernente la violazione della norma contrattuale collettiva.

In conclusione il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall’art.1, comma 17, della L. n.228 del 2012 per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in E. 3000,00 per compensi oltre E. 100,00 per esborsi e spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall’art.1, comma 17, della L. n.228 del 2012 si dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 maggio 2016

Il Presidente

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